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Luppolo

Humulus lupulus L.,  Cannabaceae
“Chi dice luppolo, dice birra?” La risposta potrebbe essere positiva, se è vero che fin dal tempo dell’antico Egitto l’ingrediente aromatico base della celebre bibita era l’Humulus lupulus.

Humulus lupulus L.,  Cannabaceae
Fioritura: maggio-agosto. Parti raccolte: infiorescenze femminili. Tempo balsamico: agosto-ottobre

  Nel mondo greco e romano la pianta non godeva di grande credito, visto che solo Plinio ne ha parlato attribuendole il nome di Lupus salictarius, forse alludendo alla tenacia con cui i fusti volubili si avvinghiavano al salice o ad altre piante quasi a soffocarle, analogamente a quanto avrebbe fatto un lupo.

Il nome attribuito da Linneo deriverebbe dal latino humus = terra oppure da humilitas = umile e si riferisce all’habitus lianoso e perenne dei lunghi fusti quadrangolari, che talora si sostengono vicendevolmente attorcigliandosi. Altri studiosi propendono a farlo risalire a qualche parola nordica, come l’antico etimo scandinavo humall oppure all’olandese hoppe o all’inglese hop. Comunque sia, è un nome abbastanza fantasioso e indica una pianta rampicante che vive nei boschi umidi, nei fossi, nelle siepi, da cercare a primavera se si vogliono utilizzare i teneri germogli ricchi di sostanze aromatiche, sali minerali, vitamine.

La si può trovare anche vicino alle case contadine ove spesso in luoghi adiacenti si possono ancora vedere dei lunghi pali sistemati come fossero dei coni e attorcigliati delle liane verdi che portano fiori maschili, riuniti in infiorescenze poste al termine dei rami, e fiori femminili, pure raccolti in infiorescenze che entrano a far parte delle pagine di un diario domestico. Negli usi alimentari popolari, una certa distinzione viene fatta fra i germogli maschili e quelli femminili, i primi più duri ed insapori, gli altri più succulenti e delicati, da maneggiare con attenzione perché, da freschi, potrebbero dare irritazioni alla pelle, anche se ambedue cotti e conditi come gli spinaci, rosolati nel burro, insaporiti con sale, pepe, olio di oliva, limone oppure usati nelle minestre, nelle frittate, nei risotti contribuiscono a dar vita ad un cerimoniale alimentare primaverile in cui si fonde l’aspetto edule ad una realtà magica, arcana, misteriosa della natura.

Nutrendosi, venivano assorbite, nel modo più semplice e diretto, le virtù nascoste. La locale etnobotanica superstiziosa suggeriva, a chi soffriva d’insonnia, di dormire in un cuscino imbottito di fiori femminili di luppolo, oppure consigliava di togliere le fatture di un amore sofferto mettendo in infusione foglie di luppolo, di melissa e di timo, raccolte il 24 giugno, nella notte di S. Giovanni.

Andando a ritroso nel tempo, Costanzo Felici in una lunga lettera” sull’insalata indirizzata ad Aldrovandi “Dell’insalata e piante in qualunque modo vengono per cibo del’homo” (1565), scriveva:” Il lupulo … è pianta che è in grandissimo uso per la medicina, per il magnare, e per il bevare del’homo, chè di esso, cioè del suo fiore, dove è mancamento di vino, ne’ paesi settentrionali, se ne fanno quelle lor cervisie o birre o cerbonee e bevande con orzo, grano o altra misticanza, che non è cattiva bevanda quando è ben fatta e che è fresca.” Una consuetudine diffusa anche nelle nostre campagne ove qualche famiglia di contadini preparava una bevanda casalinga analoga. “Bui tri litri de acqua e dopo butaghe dentro do – tre brancà de fiori e dea vena (saria mejo l’orso, ma el costa). Tira via la pignata dal fogo e lasala rafredare del tuto. Po’ sontaghe du o tri scuglieri de miele. Fa boire tuto de novo e dopo lasa che tuto se rafreda come prma. Co xe tuto fredo passa in ti ti butiglioni e lassa là tuto par ‘na settimana.” (Arquà Petrarca, Settembre 1966, Nani, 71 anni contadino-bottanico).

Qualche secolo prima, Mattioli annotava: “I medici impiegano molto frequentemente il luppolo e lo fanno entrare in un grandissimo numero di rimedi” e attribuiva ai fiori e alle radici virtù toniche, digestive, depurative, diuretiche, antibiotiche, sedative, antisettiche, anafrodisiache, contro le polluzioni notturne, le atonie dello stomaco e la debolezza degli organi delle vie digerenti, successivamente confermate dalla fitoterapia ufficiale, che ritiene la polvere, messa su piaghe e ferite, cicatrizzante.

BRICIOLE D’ARCHIVIO

luppolo2  Sinonimi
Lupulus Brunf.; Lupulus sativus et sylvestris. Trag.; Lupulus salictarius Fuch.

Vitis septentrionalium. (Lemerj)

Loco
I domestichi si seminano ne i campi salvatici nascono per se stessi nelle siepi, nelle macchie. Fiorisce di luglio, et servono i fiori per far la cervosa.” (Durante)

Nascono nelle siepi; lungo le strade, sugli orli de’ ruscelli, s’avviticchiano crescendo intorno alle Piante vicine.” (Lemerj)

Cocina
La prima erba, che in così fatta stagione (la primavera) si vegga, il lupulo è, quella che non mangiam noi mai cruda; ma, dopo averne in più acque lavata quella quantità ne piace, a cuocere in acqua con un poco di sale mettiamo; e, cotta, di là la traemo, e ben bene sgocciolata in un piatto netto posta, con sale, con assai olio, con poco aceto, od in suo luogo succo di limone, e un poco di pepe franto e non polverizzato l’acconciamo, e inanzi pasto per insalata usiamo.” (Castelvetro)

Mangiate cotte in qualsivoglia modo, servono e per cibo e per medicina (…) l’insalata si mangia volentieri, cotta però, ma con leggiera bollitura; legansi in un filo mentre si cuociono, per poterli poi mettere in un piatto ordinati, e mangiarsi senza noia ad uno per uno. Condiscesi questa insalata o di condimento ordinario, o di succo di Narancio, sale, olio e pepe.” (Archidipno)

Giovamenti / Nocumenti
Di dentro. Le cime de Luppoli simili à gli sparagi cotti, nell’insalate, ò mangiati altrimenti sono molto delicati ne i cibi: purgano il sangue, mollificano il corpo, aprono le oppilationi del fegato, della milza, sono molto grati al gusto, cotti in vino, bevuti, vagliono contra tutti i veleni. La decottion de i fiori, et de i follicoli si da utilmente à bere à gli avvelenati, et parimente per guarir la rogna, per il mal francese, et per tutte le altre ulcerazioni, che sogliono infettare la circonferenza del corpo… Fassi del suo succo con zuccaro siroppo: il quale bevuto rimuove il trabocco del fiele, giova grandemente alle febri coleriche, sanguigne, et parimente alle malinconiche…
Di fuori. (…) l’erba et parimente il succo incorporato con polenta d’orzo, sana il dolor del capo… il pane fatto con la decottion de i fiori de i luppoli, è più leggiero, et più raro, et la pasta più presto, et più facilmente fermentasi. (Durante)

Ricetta storica
Nei morbi venerei. Prendete 8. libbre di acqua, ed una libbra di radici di luppoli, mettetele a macerar per una notte; e il dì seguente fatele bollire, finchè se ne consumi un terzo o la metà, se il male è gagliardo. La mattina a digiuno date 8 oncie di questo decotto all’ammalato, e poi copritelo: vi si aggiungono qualche volta le radici di petrosellino o di gramigna, e qualche poco d’uva secca.”  (Fochetti)

Le foglie peste sono buone per le lussazioni, le contusioni, e li tumori.” (Lemerj)
“… bolliti che hanno i lupuli, gl’infarinano e in olio gli friggono, e sopra vi sparono un poco di sale, di pepe e succo di melaranci, e così con gusto se li mangiano.” (Castelvetro)


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