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Simbologia e allegoria (prima parte)

Un simbolo parla per allusione, dice una cosa e ne intende un’altra, ha in sé un nucleo oscuro che respinge un’analisi razionale e, quindi, impedisce una definizione chiara, semplice.

È nel campo delle arti ciò che la metafora è nel linguaggio: entrambi rappresentano la contrazione di un’immagine più complessa o di un pensiero più lungo da esprimere, sono più immediati e facili da ricordare, e, allo stesso tempo e nello stesso modo, devono saper evitare l’inintelligibilità del messaggio o il suo esatto contrario, il luogo comune.

I simboli e le allegorie che meglio conosciamo provengono dal mondo animale e da quello vegetale: la saggezza e il potere sono rappresentati dal leone, la pace e la speranza dalla colomba, l’evoluzione e l’ascensione verso il divino dalla spirale, a sua volta derivata dalla chiocciola e dai viticci di felci e viti, la verginità dai fiori d’arancio. Anche il lavoro, l’ambiente, il tempo hanno fornito materia preziosa: il simbolismo è da sempre legato alla vita dell’uomo. Ma questi simboli raramente hanno governato l’architettura, a volte l’hanno suggerita, più spesso decorata e significata. La forma degli edifici è stata influenzata più profondamente dal mistero, dal trascendente, dalla vita eterna, dalla perfezione divina, dal fascino enigmatico del cosmo, uniti alla matematica e alla geometria.

Gli Egizi consideravano la geometria parte della scienza sacra, i Greci ne erano affascinati: Talete di Mileto diceva che «nelle forme geometriche c’è un aspetto magico». Lo stesso credevano gli Assiri e i Babilonesi, che sceglievano un appezzamento di terreno a seconda del numero di angoli che aveva: maggiore era, minore era la sua fertilità. Le stesse convinzioni si riflettevano nella progettazione della città che, secondo le tradizioni del luogo e dei significati attribuiti, assumeva forme diverse. Secondo Vitruvio, la città ideale era a pianta ottagonale, perché l’ottagono è simbolo di rinascita, simile a un paradiso terrestre. Secondo Ippòdamo, invece, la città doveva avere una pianta quadrata, arricchita da un sistema ortogonale a reticolo. Platone sosteneva che le abitazioni dovessero essere disposte lungo cerchi concentrici mentre il perimetro esterno della città avrebbe dovuto essere quadrato, per rispondere ai principi pitagorici secondo i quali il quadrato simboleggia la Terra e il cerchio il cielo. Leon Battista Alberti elencava nove geometrie possibili: il cerchio («La forma favorita dalla natura»), cinque poligoni (quadrato, esagono, ottagono, decagono, dodecagono) e tre rettangoli (un doppio quadrato, un quadrato e mezzo, un quadrato e un terzo).

La città ideale elaborata da Fra’ Giocondo (Giovanni da Verona) nella prima metà del Cinquecento (in G. Simoncini, Gli architetti nella cultura del Rinascimento, Il Mulino, Bologna, 1967, p. 157)


Tuttavia, non era solo il sincronismo delle forme, delle simmetrie, delle vibrazioni esoteriche dei numeri, delle forze geomantiche a essere preso in considerazione nel progetto di una città. Diventavano importanti anche l’aspetto astrologico e gli influssi del luogo prescelto per la costruzione: si sa che i Greci mandavano a pascolare un gregge nella zona individuata, ma se dopo qualche mese le pecore davano segno di inquietudine o scarso adattamento, l’area veniva abbandonata perché ritenuta dimora di uno spirito maligno. Anche secoli dopo si trova in architettura la stessa esigenza di associare forme geometriche e simboli, derivanti dall’esoterismo o dall’astrologia, dall’alchimia o dalla religione. I costruttori delle cattedrali romaniche e gotiche, per esempio, non lasciavano nulla al caso: ogni forma, posizione o accostamento di piante, superfici, altezze e decorazioni avevano un preciso significato e i sistemi di costruzione adottati – ad quadratum e ad triangulum – rispondevano a esigenze tecniche ed estetiche e trasmettevano un che di magico e divino. I più recenti studi hanno dimostrato infatti che le cattedrali costituivano sì le bibbie dei poveri, ma erano anche vere e proprie summae enciclopediche e teologiche che rivelavano tutte le conoscenze umane e riproducevano la divina armonia dell’universo. Si è pure constatato che i monasteri benedettini boemi sono disposti tra loro secondo relazioni geometriche ben determinate e che le distanze non sono casuali, ma risalgono, tramite multipli e sottomultipli, all’antica misura raste, pari a circa 44 chilometri. Le cattedrali offrono comunque le interconnessioni più curiose: le figure dei ventiquattro bassorilievi scolpite sul portale del Giudizio Universale di Nôtre Dame, a Parigi, non hanno riferimenti biblici, ma alchimistici; le cattedrali di Chartres, Gloucester e Canterbury, costruite in luoghi megalitici (che assommavano funzioni religiose, magiche e astronomiche, come Stonehenge), incorporano nel progetto geometrie esoteriche. E tutto questo senza approfondire i messaggi simbolici delle decorazioni, delle trasmutazioni o delle deformazioni, quali quelle, notissime, delle rappresentazioni medioevali del sacrificio sul Golgota in cui il Cristo ha misure maggiori dei ladroni, testimoniando che le dimensioni apparenti di un oggetto sono influenzate anche dal loro valore. Il Medioevo offre con facilità esempi di simboli perché gli uomini erano ancora prevalentemente analfabeti e qualunque tipo di comunicazione avveniva attraverso grafismi, in maggioranza non troppo ermetici, che caratterizzavano l’ambiente urbano: «Simboli dichiaravano l’appartenenza a un casato, a un signore feudale, a una città o a un quartiere, a una corporazione o a una scuola. Simboli inoltre indicavano a chiunque, con l’evidenza di manufatti anche tridimensionali e policromi, le diverse attività manifatturiere o commerciali. Non esisteva scritta per designare l’albergo del Leone d’Oro, ma uno stilizzato leone, costruito in legno o ferro e sostenuto a bandiera in posizione ortogonale al muro nel quale si apriva la porta d’ingresso, comunicava eloquentemente a tutti la sua presenza» (V.Vercelloni).

simbolo1.jpgIl progetto per il Cenotafio di Isaac Newton

Ogni religione, credenza o filosofia ha espresso geometricamente principi e ideali. Il cerchio era il simbolo del sole, ma anche del cielo, della spiritualità e dell’immortalità dell’anima e, se era diviso a metà, significava la lotta tra il bene e il male. In molte raffigurazioni della torre di Babele la pianta è circolare e lo sviluppo in altezza a spirale, sottolineando la presunzione dell’uomo nel volersi innalzare alla Sapienza divina. Il rosone e la ruota ne sono la rappresentazione più popolare; in architettura lo si trova anche in tridimensione – la sfera – in molti progetti del periodo illuminista (il Cenotafio di Newton e il Tempio della Natura o della Ragione di Étienne-Louis Boullée,  il Tempio della Terra dedicato alla Saggezza suprema di Jean-Jacques Lequeu, la Casa delle Guardie Campestri di Claude-Nicolas Ledoux) e degli architetti appartenenti alla Massoneria. ( fine prima parte)

simbolo2.jpgIl tempio della Terra dedicato alla saggezza suprema di Jean-Jacques Lequeu

simbolo3.jpgLa Casa delle Guardie Campestri di Claude-Nicolas Ledoux


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