(“La povertà grande fa gli uomini vili, astuti, ladri, insidiosi…” T.Campanella 1568 – 1639)
La propaganda nazionalista diceva che gli italiani erano grandi “navigatori, poeti e santi”; del resto Cristoforo Colombo, Dante Alighieri e Francesco D’Assisi ben rappresentano ciò che la maggioranza degli italiani non erano e non sono.
La propaganda nazionalista diceva che gli italiani erano grandi “navigatori, poeti e santi”; del resto Cristoforo Colombo, Dante Alighieri e Francesco D’Assisi ben rappresentano ciò che la maggioranza degli italiani non erano e non sono.
Credo sia noto a tutti come siamo considerati all’estero, subendo inevitabilmente quella generalizzazione razzistica che accomuna i peggiori comportamenti di alcuni, all’intera comunità nazione. La cosiddetta “fuga dei cervelli” non migliora l’immagine della nostra intelligenza, anzi, conferma che gl’italiani atipici devono fuggire dal pantano tipico. Se il carattere, potremmo dire, l’anima di un popolo si identifica in un comune modo di interpretare la realtà, gli abitanti della nostra penisola dimostravano un estetismo creativo che ha caratterizzato nei secoli i comportamenti di intere generazioni di tutte le classi accomunando, poveri e ricchi, colti e ignoranti.
Come i popoli slavi si identificano tuttora nella crudeltà tipica del guerriero, che perde ogni pietà nell’esaltazione della lotta, cosi i popoli germanici, nel cuore d’Europa, si identificavano nell’anima romantica che morì, fu soffocata nel sangue, con l’avvento del Nazismo.
La disperante situazione italiana, sembra oggi ever portato a morte l’anima estetico creativa tipica dei popoli latini. Basta osservare il paesaggio, principale fonte di educazione estetica. In Italia è deturpato oltre ogni limite, pur mantenendo ancora, in linea generale, una meravigliosa varietà di ambienti che si susseguono in relativamente brevi distanze, stimolando la percezione, senza noia, in un continuo cambiamento: dal colle alla pianura, dal mare alla montagna.
Il paesaggio italiano, oggi, è con monotona e maniacale insistenza circondato, assediato, da barriere: fabbrichette. capannoncini, discariche; tanto da non distinguerlo dalla periferia degradata di ogni paese del terzo mondo. Questa è la cultura, estetico creativa, che s’è sovrapposta globalizzando l’Italia, naturale federazione di vallate, linguaggi, di culture tradizionali.
Non tutti sono così furbi, non tutti sono ladri, non tutti sono criminali, ma sono tanti e dominano. L’estetica sinonimo di “sensibilità” è stata trasformata in passione da stadio, il linguaggio più diffuso è quello del “bar sport”: parole iperboliche in libertà, per nascondere verità, abbagliando amici e nemici con l’intenzione di renderli invidiosi, non tanto della realtà che è sempre squallida, ma del nostro ego ipertrofico.
La povertà, morale, prima che economica, rende la ricchezza l’unica condizione desiderabile e quindi “Creso” è il più invidiato, dimenticando che è morto di fame. Il paesaggio italiano, presente e reale, è testimone della povertà grande, ma non basta a smentire, la furba menzogna virtuale, televisiva.
(Biolcalenda – Novembre 2009)