Innocuo
L’uso abituale della parola è blando, leggero e soffice, quasi sinonimo di inefficace, inutile. Andando a cercare l’origine della parola troviamo, con sorpresa, che – “non fare male” – deriva dal latino “innocuus”,
in (negativo) nocuus (nocivo), derivante da “nex” = uccidere, dal greco “nékes” = morte o “necare”, “adnecare” (annegare, l’uccidere per eccellenza).
Evoca il comandamento biblico “non uccidere”, estendendosi alla “non violenza”, al non nuocere con pensieri, parole e azioni, di antica tradizione mistica, ma profondamente connessa con l’evoluzione della coscienza umana.
L’essere innocui è un obiettivo difficile da raggiungere, e spesso è usata a sproposito quando l’usiamo per una cosa manufatta, per un vegetale, un animale o umano. Non esiste un oggetto tecnologico, grande o piccolo, semplice o complicato realmente innocuo. Ad esempio come si può definire innocuo un martello? Oggetto antico, conosciuto da tutti, ma ideologicamente impostato per colpire con forza oltre la capacità della mano umana, può uccidere. Potremmo dire che quando viene affermato che una cosa, artificiale o naturale, è “innocua” si afferma una menzogna.
Vale questo anche per il mondo vegetale che rappresenta il massimo della forza vitale del pianeta, per noi è importante conoscere se è commestibile o no, ma non se è innocuo. Se indaghiamo oltre l’apparenza immediata scopriamo come i processi viventi siano il risultato di una indefessa lotta che si avvale della morte per vivere. Il mondo animale che si sostiene sul vegetale non si può definire innocuo (il Toro), tanto meno nell’emblematico felino (il Leone) o nel rappresentante degli uccelli (l’Aquila).
Il massimo di complessità dell’innocuità la raggiungiamo con l’uomo. Nell’uomo è possibile la mimesi angelica, il lupo che si fa agnello, l’inganno dell’innocuo che raggira gli dei, come Odisseo, appartiene alla storia. Eppure continuiamo ad ingannarci definendo innocui i nostri simili, forse per un desiderio di quieto vivere o per una facile illusione di potenza.
Difficilmente attribuiamo a noi stessi la definizione di innocuo. “Io voglio essere innocuo”, sarebbe un’affermazione troppo impegnativa, più facile sarebbe: “…voglio apparire innocuo”, come il cavallo sotto le mura di Troia. Comunque difficilmente l’uomo appare innocuo quando manifesta intelligenza, anzi la capacità di capire e pensare dei nostri simili ci rende inquieti, ne abbiamo paura, spesso capita lo stesso fenomeno che succede attorno ad un ricco potente, che si circonda di “utili idioti”. Ci rivolgiamo a chi riteniamo più intelligente con apparente innocuità fingendosi “tonti”, tecnica da “furfante” (fante servo, fur cacciato).
Manifestare con onestà il suo stato di relativa ignoranza dovrebbe essere lo sforzo di ogni umano che cerca di capire l’universo che lo circonda. Essere innocuo, cioè “non far male” a nessun essere, è un ideale di perfezione che forse raggiungeremo, ma intanto cerchiamo di essere onesti. Essere innocui come Gandhi, Mandela o Madre Teresa sarebbe una buona contraddizione.
Biolcalenda aprile 2014