C’è stato un tempo nel quale portare in tavola alimenti “controstagione” era ritenuto un segno distintivo e un modo per impressionare favorevolmente i propri ospiti.
Le fragole a Natale, le ciliegie a febbraio, gli asparagi in inverno erano alimenti costosi (da produrre o semplicemente da far arrivare da lontano) e che testimoniavano di contatti e relazioni (umane e commerciali) non alla portata di tutti.
Insomma, gli alimenti fuori stagione erano un riferimento preciso alla ricchezza e al potere dei padroni di casa. Oggi, è inutile nasconderlo, queste strategie comunicative (perché di questo si tratta) non impressionano più nessuno. Frutta e ortaggi fuori stagione si trovano al supermercato e sono alla portata di tutti. Mentre il cibo a km0 fa ormai parte della quotidianità (almeno di quella raccontata).
Non a caso molti personaggi che fanno tendenza, per non parlare dei grandi cuochi televisivi, si vantano di coltivare personalmente nell’orto dietro casa il cibo che consumano oppure che preparano e servono nel proprio ristorante.
Che sia tutto vero non lo sapremo probabilmente mai. Dove trovino il tempo, tra viaggi, studi televisivi, interviste, concerti, comparsate, pubbliche relazioni e famiglia (per chi ce l’ha) anche per zappare, piantare, annaffiare e raccogliere proprio non lo so.
In ogni caso, è comunque positivo che sia ritornata ad affiorare (a tutto vantaggio del gusto, ma anche dell’ambiente e, direi, anche dello spirito) una dimensione fortunatamente mai scomparsa del tutto dalla nostra cultura: quella del cibo di stagione, dell’autoproduzione, degli alimenti tipici del territorio. Una sorta di rivincita del mondo contadino, considerato per secoli culturalmente subalterno.
Non è un caso che la Coldiretti annunci con soddisfazione che nel 2018 l’Italia è stata al vertice in Europa per numero di giovani in agricoltura e che gli under 35 siano alla guida di 57.621 imprese agricole, con un aumento del 4,1% rispetto all’anno precedente.
Anche gli studenti degli istituti superiori di agraria sono cresciuti di quasi il 40% negli ultimi cinque anni. Una cultura e un insieme di saperi (come e quando si coltivano i piselli, come si prepara e si conserva una salsa di pomodoro, come si impasta e si cuoce il pane, ad esempio) che lentamente si stanno recuperando e rinnovando.