Uomo-natura, un rapporto salutare

Perchè siamo attratti dalla natura e quali effetti ha sulla salute

Da qualche anno a questa parte si sente sempre più spesso parlare dell’importanza del contatto con la natura al fine di preservare e/o promuovere il benessere psico-fisico.

Le prove di quanto affermato sono numerose e ci suggeriscono l’importanza di ricollegarci con l’ambiente naturale.

Infatti apparteniamo a questo regno, non certo alla dimensione urbana: fino a qualche decennio fa la maggior parte delle persone viveva a stretto contatto con la natura, una natura ancora molto presente e diffusa. I ricordi delle persone che hanno passato l’infanzia a giocare nei campi, arrampicandosi sugli alberi e nuotando nei corsi d’acqua nei pressi di casa si possono ancora sentire.

Erich Fromm, psicoanalista tedesco, per primo usò il termine Biofilia, intendendo con esso l’innata tendenza dell’uomo ad essere attratto da tutto ciò che è vivente. Gli esseri umani ricercano in modo istintivo quel contatto con la natura nelle sue varie forme, si può parlare perciò di un bisogno primario.

In effetti oggi che viviamo in contesti sempre più urbanizzati e artificiali, inquinati da vari punti di vista (atmosferico, uditivo, luminoso), la maggior parte delle persone sceglie per le vacanze luoghi più naturali dove poter passare molto tempo all’aperto, magari praticando sport a contatto con la natura.

Le case urbane che hanno anche il giardino sono decisamente più care, e anche abitare nei pressi di un parco, magari avere la vista su di esso, è un elemento che conferisce maggior valore alle abitazioni.

Inoltre, sono moltissime oggi le persone che tengono in casa uno o più animali domestici, il fenomeno è in costante crescita: diamo quindi valore agli elementi della natura, vegetale e animale.

Insomma, in accordo con quanto diceva E. Fromm, sembra proprio che gli esseri umani per stare bene cerchino istintivamente il contatto con essa, e che questo contatto sia benefico a vari livelli.

Dagli anni ’60 in poi nell’ambito della Psicologia Ambientale (una branca della Psicologia che si occupa di studiare il rapporto tra l’uomo e l’ambiente in cui vive) sono state fatte delle ricerche che hanno evidenziato la biofilia e osservato i suoi effetti sulla persone.


Questi studi misero in evidenza che non solo la natura in sé ha un effetto positivo e salutare sulle persone, ma anche SOLTANTO un’immagine della natura è in grado di produrre degli effetti.

Uno studio classico (Ulrich R.S., 1984) ha messo a confronto due gruppi di persone ricoverate in ospedale per aver subito un intervento chirurgico, lo stesso per tutto il campione, che era omogeneo anche per altre variabili. Metà del gruppo passava la degenza in una stanza dalla cui finestra di vedeva il muro di un altro edificio, l’altra metà la passava in una stanza dalla quale si vedeva un giardino; vennero misurati vari indicatori del benessere, tra i quali la quantità di analgesici richiesti ogni giorno e quanti giorni durava la degenza.

Ebbene, in modo significativo, cioè statisticamente rilevante, chi poteva vedere il giardino guardando fuori, richiedeva meno analgesici e restava in ospedale meno giorni, in pratica il recupero era più breve.
Altri studi simili sulla scia di questo hanno confermato la stessa ipotesi, in base a cui anche soltanto vedere uno scenario naturale poteva influire in modo significativo sul recupero della salute.

Oggi grazie a queste evidenze un certo numero di strutture sanitarie come ospedali, ambulatori, cliniche, ha scelto di migliorare il proprio ambiente arricchendolo con quegli elementi naturali che son in grado di contrastare naturalmente lo stress e l’ansia, favorendo il recupero psico-fisico dopo una malattia: piante vere dove possibile, spazi esterni con giardini ma anche foto, poster ecc riproducenti la natura.

Purtroppo questo non è il caso dell’Italia, mentre per esempio in Inghilterra a Leeds è stato realizzato un ospedale in modo aderente alle nuove scoperte: dedicato ai malati oncologici, i progettisti hanno sviluppato un progetto con l’obiettivo dichiarato di sfruttare l’effetto terapeutico delle piante a beneficio dei malati di cancro. L’edificio è stato progettato come una serie di percorsi verdi, tra gradini e fioriere, che si intrecciano a formare ambienti interni poco convenzionali per una struttura medica, creando una sensazione di continuità tra spazio interno, esterno, privato e pubblico.

In America da circa 20 anni sono stati introdotti i cosiddetti Healing Garden, giardini terapeutici costruiti proprio a questo scopo e utilizzati all’interno di programmi di cura specifici.

Un grande sostenitore del verde terapeutico, da anni impegnato a far modificare l’aspetto di ospedali e cliniche è il dottor Roger Ulrich, fondatore del primo centro interdisciplinare tra medicina e architettura all’Università del Texas e pioniere della ricerca sui giardini curativi.
Affetto da nefrite, da bambino ha vissuto lunghi periodi di degenza in differenti ospedali e ha raccontato che durante le lunghe giornate all’ospedale ‘se vedevo un albero, mi sentivo meglio’. Quando si è immersi in un ambiente freddo, funzionale e spaventoso come un ospedale, la mente cerca una via di uscita verso la normalità. Solo più tardi mi sono chiesto se esisteva un rapporto preciso tra quella sensazione che avvertivo da bambino e un effettivo miglioramento fisico nelle condizioni dei pazienti”.

Il suo lavoro è stato davvero importante per avviare alcune trasformazioni dell’ambiente sanitario al fine di renderlo meno asettico, freddo e in grado di influire in mood negativo sull’umore e quindi sul sistema immunitario dei degenti.

A partire dal lavoro di Ulrich e collaboratori, tanti sono stati gli studi che hanno evidenziato il fatto che gli ambienti naturali, con la presenza di vegetazione e possibilmente di acqua, sono universalmente preferiti a quelli urbani, o comunque costruiti.

Sul perchè le cose stiano proprio così, sono state proposte due diverse teorie: la prima detta evoluzionistica si basa sull’importanza che ha avuto la natura per gli uomini per migliaia di anni: vegetazione e acqua erano vita, e nel cervello è impressa tuttora questa evidenza.

L’altra teoria invece ritiene che questa preferenza non sia atavica ma si costruisca facendo esperienza durante l’infanzia, quando si passava molto tempo a giocare all’aperto, le vacanze erano al mare o in montagna, quindi sia qualcosa di imparato, anche attraverso la valutazione che gli adulti fanno della natura.

Potrebbero intersecarsi le due cose, anche se è molto plausibile che essendoci evoluti e avendo vissuto migliaia di anni nella natura, la sua vista stimoli automaticamente delle risposte che sono legate ai nostri bisogni primordiali: anche se oggi una persona cresciuta in città potrebbe avere paura di trovarsi un bosco da sola, per oggettiva mancanza di esperienza, avrebbe comunque dentro di sé, scritta negli strati più profondi della psiche, la capacità di percepire la natura come fonte di vita e salute.

Purtroppo queste evidenze confermano che vivere in ambienti molto urbanizzati e artificiali è per noi uno stress costante di cui non siamo del tutto consapevoli; importante invece prendere atto di ciò e poter rimediare grazie a una delle tante pratiche eco-terapiche oggi disponibili.


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