Uva

Il suo nome deriva dal latino “vìere” (legare) e si riferisce alla volubilità dei tralci che bisogna legare a sostegni per tenerli sollevati da terra; anche se, in alcuni luoghi climatici, può essere coltivata anche a ceppo libero.

L’origine della viticoltura risale a tempi antichissimi, visto che il genere Vitis sarebbe già stato diffuso sulla terra ancor prima della comparsa dell’uomo, almeno stando ai risultati desunti da numerosi rilievi paleontologici. In Italia circa quattromila anni or sono in Sicilia la pianta era già coltivata.

Una vera e propria espansione della coltura della vite si ebbe a partire dal III° secolo a.C. in coincidenza del dominio romano sul Mediterraneo, ambiente particolarmente adatto alla vite. Catone, Virgilio, Marrone e altri scrittori latini ce ne danno notizia attraverso le loro opere, ma una volta caduta la potenza romana, intorno al secondo secolo dopo Cristo, anche la vite e la sua coltura entrò in una fase critica che permane fino alla nascita dei Comuni.

Probabilmente, se non ci fosse stato il contemporaneo diffondersi del Cristianesimo che individuava nella vite e nel vino uno dei suoi massimi simboli, la coltivazione sarebbe scomparsa. Altra tappa fondamentale per la viticoltura può essere considerato il periodo successivo alla scoperta dell’America; dal nuovo continente vennero importate specie selvatiche che oltre a dare origine a nuove varietà qualche secolo più tardi salvarono la viticoltura europea minacciata gravemente da alcune malattie. In particolare negli ultimi decenni dell’800 un insetto parassita, la fillossera, invase quasi tutti i vigneti d’Europa distruggendoli. Fortunatamente la vite americana era fillossera – resistente, quindi si piantarono polloni americani sui quali poi furono innestati quelli europei. Anche se attualmente la vite viene coltivata in tutti i continenti, nettamente in testa vi è l’Europa e, tra i suoi stati, l’Italia capeggia la graduatoria seguita da Spagna e Francia.

Il valore alimentare dell’uva, a parte il vino che con essa si produce ed è diventato una bevanda di culto, data la ricchezza  di sostanze che formano la sua struttura, è altissimo ed è importante sia sul piano nutrizionale che salutare. L’uva è un alimento energetico e terapeutico, venga essa consumata sia mangiando gli acini freschi o secchi, sia bevendo il succo non fermentato. L’acino è composto dalla buccia, dalla polpa detta anche mosto e dai vinaccioli o semi. Generalmente la buccia è ricca di sostanze coloranti, le quali vengono distinte da due gruppi di pigmenti: bianchi detti enoflavine e dai pigmenti rossi detti enocianine. Inoltre contiene sostanze tanniche che, a piena maturazione, si trasformano in glucosidi; sono anche presenti sostanze azotate, acidi liberi e combinati, cellulosa, ecc.

La polpa è ricca di acqua i cui valori oscillano fra il 65 e 85%, nella quale sono disciolte le sostanze che nel loro insieme costituiscono le maggiori componenti dell’uva: gli zuccheri i quali sono un miscuglio di destrosio, levulosio, dulcite e mannite; le sostanze acide, sia libere sia in sali, tra le quali l’acido malico e tartarico; in rapporto minore si può riscontrare presente l’acido glicolico, ossalico, citrico, formico, acetico, ecc. Sostanze azotate formate da proteine, amidi e sali ammoniacali; fra i sali, il più importante è il cremortartaro del quale il mosto è saturo. Sostanze minerali tra cui preponderante è il potassio, il calcio, il magnesio, presente il fosforo che può essere presente sotto forma di fosfati o in forma organica (lecitina).

Grande valore biologico è da attribuirsi anche a taluni carboidrati (pectine), agli enzimi (invertina, ossidasi, riduttasi, ecc.) e alle vitamine A, B e C. I vinaccioli contengono dall’8 al 16 % di olio, dal 2,5 al 7,4% di tannino, inoltre sostanze azotate, pentosani, ceneri, ecc.

Alimento vero e proprio l’uva da tavola, con buccia meno coriacea, può essere mangiata da tutti, tranne le persone dispeptiche in cui è evidente la secrezione iperacida. Sotto forma di succo si può bere anche un litro al giorno purché lontano dai pasti.

Nonostante il suo valore nutrizionale ed energetico, l’uva ha proprietà diuretiche e lassative, per questo è disintossicante; stimolando le varie funzioni fisiologiche facilita l’eliminazione dei residui organici e l’eliminazione delle tossine (acidi Urici), regolando nel contempo l’equilibrio organico dei valori dell’azoto, del colesterolo, della glicemia, ecc.; è un ottimo rimedio contro l’arteriosclerosi ed affezioni connesse.

La sua facile digeribilità lo si deve ai suoi zuccheri in particolare al levulosio, che non richiede l’intricato processo di metabolizzazione; essa esercita una benefica azione su tutti gli organi della digestione, (stomaco, fegato, cistifellea, pancreas e intestino, in quanto regola il processo delle fermentazioni intestinali). E’ indicata nei casi di dispepsia con stipsi, nelle litiasi epatobiliari e urinarie, negli stati emorroidali, nelle affezioni polmonari, nelle intossicazioni a base di mercurio, di piombo e nelle dermatosi in genere.

Questo alimento così bilanciato e armonico è stranamente simile per composizione al latte di donna, come ha scoperto Herpin; il che ne fa un ottimo sostituto e complemento del latte durante l’allattamento. Un confronto diretto:

Confronto valori nutrizionali tra il latte di donna e succo d'uva

 

Il succo d’uva può contribuire a frenare l’invecchiamento cerebrale? E’ quanto emerge da uno studio realizzato dal Centro Ricerche su Alimentazione e Invecchiamento della Tfrs University e pubblicato sulla rivista “Nutrition”.

Anche se per ora l’indicazione riguarda solo le cavie. Gli antiossidanti contenuti nell’uva hanno un effetto protettivo su cuore e arterie e contribuiscono a prevenire alcuni tumori. Ma ora sembra che la particolare combinazione di polifenoli contenuta nel succo d’uva nera migliori anche le prestazioni cognitive degli animali.


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