arcosanti

Paolo Soleri

Gli sconosciuti e i dimenticati. Architetto illuminista, visionario, artefice del più importante esperimento urbano del nostro tempo. Less aesthetics, more ethics.
Meno estetica, più etica. Una sfida al mondo intero lanciata da Paolo Soleri.

Torinese, classe 1919, dopo una collaborazione di due anni presso lo studio di Frank Lloyd Wright a Taliesin West negli Stati Uniti, torna in Italia nel 1950 con Colly, sua sposa. Si costruisce una casa mobile con un piccolo camion che diventa un camper capace di ospitare una famiglia di tre persone. In un serbatoio sul tetto, l’energia solare riscalda l’acqua per la cucina e la doccia. Questo gli permette di spostarsi con costi minimi, adottare una visione libertaria della vita, acquisire il senso della sperimentazione.

A Vietri sul Mare, progetta e costruisce la fabbrica di ceramiche per l’imprenditore Vincenzo Solimene, uomo di aperta intelligenza. Nel 1956 approda in Arizona, a Paradise Valley. Dà così inizio al suo processo concettuale urbano rivoluzionario, fondando Cosanti, cioè la sua residenza con la cupola e lo studio ricavato in locali semi-interrati, dove insegna e progetta la città del futuro, Arcosanti. Arcosanti, nome che sa di mistero religioso, di archetipo, che evoca atmosfere primordiali.

E’ la grande utopia o meglio il sogno di una vita che inizia nei primi anni ’70: costruire una città di edifici densi, compatti, sviluppati in senso verticale per non sottrarre terra, spazio, dove il concetto forte è rappresentato dalla visione di un rapporto uomo-ambiente basato su un rispetto reciproco, di ascolto, quasi di sguardi.

Dove i percorsi sono pensati per evitare o eliminare del tutto l’uso delle automobili, favorendo così gli spostamenti a piedi. Arcosanti, prototipo di città per 5000 abitanti, a 70 miglia da Phoenix. Arcosanti che nasce da Arcologia che unisce architettura a ecologia. Disegna su lunghissimi fogli di carta da imballaggio, straordinari segni e disegni che preannunciano un progetto straordinario, destinato all’umanità dell’era moderna, difficile da realizzare ma di grande forza artistica e poetica.

La parola chiave di Soleri è frugalità, “fare di più con meno”: meno risorse energetiche, meno sprechi di spazio, meno inquinamento.

La città del futuro nasce quindi su questi imperativi: intensificare le relazioni umane, rendere ottimale l’accesso a risorse comuni, ridurre la produzione di rifiuti, armonizzare l’incontro delle persone con l’ambiente. Da allora, più di settemila volontari hanno contribuito alla costruzione della città, realizzandola solo per il 5%. A oggi sono stati realizzati 14 edifici, tra cui case, una fonderia, un centro musicale, piscine e una serra Un supervisore, Roger Tomalty scrisse: «Non era una comunità per il gusto della comunità in sé, dove si mangiava tofu e ci si dava pacche sulle spalle. Era l’opposto di una scena hippy: una comunità di muratori. Se ci volevi stare, dovevi lavorare, più di quanto avresti mai lavorato in vita tua».

Alla biennale del 2000, Fuksas, presentando l’opera di Soleri, scriveva che l’attenzione doveva spostarsi dalla singola architettura alla città come fenomeno unitario. A proposito dell’antimaterialismo nella natura dell’architettura, scrive nel 1963:

«… Deve sorpassare i bisogni dell’uomo e donargli più che il semplice gusto delle cose future. L’uomo è il più grande e il più potente dei creatori o dei trasformatori di ecologia: il cosmo nella natura dell’uomo, questo è lo scopo, ben più che l’intervento umano nella natura dei materiali. La tecnologia posta allo stesso livello del materialismo sarà un’inesauribile fonte di frustrazione e diverrà così il più grande ostacolo all’umanizzazione dell’uomo. In termini di ecologia, cioè di architettura, la natura anti-materialistica dell’architettura è il fattore che condizionano schema urbano coerente e ispiratore. Il significato fondamentale non è il valore, né la finezza, né la capacità d’invenzione; è la creatività».

Arcosanti: compattezza, riciclaggio, qualità estetica. Grandi forme organiche, diverse una dall’altra, circondate da molteplici forme minori, ognuna delle quali rappresenta le attività primarie dell’uomo: le torri con le abitazioni, il luogo della ricerca scientifica, il luogo della creatività artistica e artigianale, il centro dell’amministrazione e degli affari, il luogo di culto o dei riti religiosi come lui li chiamava: il tutto compreso in un’unica forma, bellissima nel disegno, ispirata a formazioni naturali.

Soleri è assorbito dalla natura e alla natura fa continuamente riferimento; da essa riceve forza, energia, coraggio delle azioni, passionalità per la ricerca perché sente di essere nella Verità, nella Giustezza, nella Bontà delle scelte e degli obbiettivi. La Natura come Madre assoluta, intoccabile, specie lì, con canyons e mesas. Il suo modo di vivere è assemblato col suo pensiero, è un tutt’uno. La sua mano non solo disegna ma “scolpisce”, scava forme come quelle dei luoghi che gli stanno intorno. Nel suo atelier, scavato nel ventre della terra, Soleri modella ceramiche, come le famose campane Wind Bells.

Soleri si impegna per una nuova unità della conoscenza contro la frammentazione imperante. Contro il materialismo che ha portato l’uomo a distruggere sé stesso. Che ha annebbiato le coscienze. Egli ha una grande speranza nel miracolo della vita, che lo porta a inventare un nuovo modello di vita, basato sulla sperimentazione. Una ricerca di nuovi mondi, nuovi orizzonti. Lavoro e vita sono racchiusi nell’idea di formare una comunità di studiosi giovani e vecchi professori, ricercatori, tutti protesi a ideare un luogo dove vivere in un modo adatto all’uomo.

A questa comunità tutti possono comunque appartenere: ospiti, viaggiatori, uomini d’affari, artisti, occasionali. Inizia a scavare nella terra per creare spazi per il lavoro e la residenza, come i cristiani con le catacombe. A differenza di quest’ultimi, apre questi spazi alla luce, al sole, al cielo. Contro la tragedia delle periferie e alla sottrazione di terra, contro l’dea di città impossibilitata a contenere la crescita demografica e a contenere un consumismo devastante. C’è un sogno da fa “crescere”, che bisogna nutrire non solo con le idee ma anche con l’anima, con il sentimento, con l’emozione, oltre che con il sacrificio.

E’ possibile unire tecnologia, arte, razionalità, natura, avendo come obbiettivo l’evoluzione delle persone?

Rinunciare all’automobile a favore di percorsi pedonali, proporre tempi e spazi minimi per unire verde, lavoro, residenza, divertimento. E’ possibile? Si, nella sua visione ottimistica della vita e del futuro. Ovviamente bisogna ripensare la progettazione, rivedere gli schemi, allontanare pregiudizi.

Bisogna ripensare all’ambiente, alla sua capacità di contenere le attività umane. Ma come possiamo ora immaginare un pensiero così grande e ossequioso nei confronti dell’ambiente quando la nostra storia da decenni propone lo sfruttamento, lo snervamento, la distruzione di paesaggi, coste, colline, siti storici?

Cos’è la città? Qualè la nostra idea di città? Cosa sono per noi le relazioni umane, il rapporto tempo-spazio, come vorremmo vivere nelle città?

Bisogna progettare una nuova socialità, dove ciascun individuo, consapevole delle proprie azioni e degli altri e delle cose, possa esprimere il meglio di sé stesso e quindi in grado di costruire relazioni positive, al fine di generare un nuovo e corretto legame con l’ambiente che è la vera fonte della vita. «Se siete veramente preoccupati per i problemi di inquinamento, rifiuti, perdita di energia, terra, acqua, aria e conservazione biologica, la povertà, la segregazione, l’intolleranza, il contenimento della popolazione, la paura e disillusione, unirsi a noi».

Così recita il cartello all’ingresso di Arcosanti.

Less aesthetics, more ethics.

Meno estetica, più etica.

Biolcalenda gennaio 2014


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