Schiavi del petrolio

 
Nascondere il pattume sotto il tappeto è diventata un’immagine ormai classica per definire un tentativo di nascondere una realtà sgradevole. Per poco pattume l’espediente può pure funzionare, almeno fino a che il tappeto resta al suo posto, ma quando quella roba diventa così tanta da riempire il tappeto di gobbe o, addirittura, da sollevarlo da terra, diventa impossibile proseguire con il giochetto. L’immagine è facilmente applicabile ad un’infinità di fatti, uno dei quali può a buon diritto essere quello del come abbiamo indirizzato la gestione globale dell’energia.

Che l’Uomo sia l’unico inquilino del Pianeta a spremere artificialmente energia da ciò di cui dispone l’ambiente è cosa nota. Da quando, millennio più, millennio meno, mezzo milione di anni fa abbiamo imparato ad accendere il fuoco e ci siamo etologicamente staccati in modo drastico e irreversibile dagli altri animali, abbiamo preso ad illuderci a ritmo crescente di poter pretendere che la Natura si sottomettesse ai nostri voleri fino al capriccio e, addirittura, ad illuderci di averne il diritto.In aggiunta, poiché la Terra di risorse sfruttabili a fini energetici ne aveva un bel po’ in magazzino, noi abbiamo creduto che queste fossero infinite.
Meglio: abbiamo finto di crederci, perché nemmeno il più stolto degl’individui potrà mai pensare che un magazzino contenga materia in quantità illimitata.Poi abbiamo esagerato, attingendo alle riserve ben oltre un ragionevole spreco, sempre che lo spreco possa essere ragionevole.  Arrivando negli Stati Uniti di notte come spesso accade viaggiando dall’Europa, io mi sono trovato spesso ad attraversare grandi città quasi deserte. La cosa che mi ha sempre riempito di perplessità è il vedere grattaceli di cristallo enormi perfettamente illuminati al loro interno e di trovare le porte d’ingresso chiuse. Dunque, nessuno all’interno. Ogni notte megawatt di energia prodotta con il petrolio se ne vanno senza vantaggio per nessuno. E, intanto, le riserve di petrolio diminuiscono di una tacca. Va da sé che la cosa, sovrapponibile o no che sia, trova applicazioni pressoché infinite ovunque.Come per il petrolio, così accade per ogni forma di energia pigiata a forza fuori di quello spazio forzatamente finito che è il nostro pianeta.Nel nostro complicatissimo modus vivendi vige una legge economica secondo cui il prezzo di un bene aumenta se ne aumenta la richiesta o, a richiesta costante, se la sua disponibilità si assottiglia.
A complicare la questione ci sta anche un fattore psicologico: la paura che quel determinato bene diventi più difficile da ottenere.È questo il caso di ciò che accade ora con il nostro fornitore Medio Oriente che sta ribollendo.Uno dei tanti errori che la nostra società ha commesso è quello di legare la propria economia ad un bene che non ha altra possibilità se non di andare ad esaurirsi. Peggio: un bene il cui uso innesca addirittura malattie. Parlo, ovviamente, del petrolio.Nella nostra follia, noi lasciamo che le alternative all’uso sconsiderato di questa materia che non si riformerà più siano relegate a posizioni minori, non di rado persino irrise, dipinte come sono da illusioni romantiche. Chi ha avuto la pazienza e lo stomaco di leggere i libri di Franco Battaglia con tutte le bizzarrie e gli errori lapalissiani che contengono sa di che cosa parlo.Il Medio Oriente, dicevo. Non pochi di quei territori galleggiano letteralmente sul petrolio e ce lo vendono a prezzi stravaganti in un commercio che ricorda molto quello degli specchietti e delle perline venduti ai selvaggi. I prezzi aumentano in un arrogante prendere o lasciare per l’applicazione della legge della domanda e dell’offerta con un bene sempre meno disponibile da una parte e sempre richiestissimo dall’altra.
E ora i prezzi vanno alle stelle perché quei popoli pare non ne vogliano più sapere di essere sottomessi ad oligarchie mai uscite dal Medio Evo presso cui la corruzione e la prepotenza sono la tradizione. Difficile, quasi impossibile trovare un paese in zona che non abbia viaggiato su quei binari per tempi immemorabili. Insomma, per noi compratori di specchietti e perline colorate raggiungere un mercato in cui padroni e schiavi fanno a botte è diventato impegnativo. Dunque, bisogna preparare dei bei pacchi di dollari.E che succederà se, non troppo improbabilmente, sarà l’integralismo islamico a prendere il potere laggiù? La nostra posizione già debolissima di consumatori viziati si farà ancora più problematica.Senza voler insistere sull’argomento, la nostra sola possibilità per continuare a vivere, pur rinunciando a non pochi capricci, più o meno come stiamo facendo è quella di applicare le conoscenze scientifiche. Ce n’è una semplicissima che dovrebbe essere annoverata tra le fondamenta di qualsiasi fisico: se si vuole attribuire energia ad un sistema chiuso (e la Terra lo è), ci sono due possibilità: o l’energia si prende dall’interno del sistema stesso, o la si prende da fonti esterne.
Nel primo caso, essendo il sistema chiuso di dimensioni finite, la fonte energetica è destinata ad esaurirsi. Nel secondo caso, le possibilità di ricevere energia si ampliano immensamente.Osservando la Terra, è evidente che l’unica fonte esterna alla quale si può attingere è il Sole, piaccia o no a chi s’illude diversamente. E, allora, invece di continuare a battere la testa contro il muro che fa da confine ad un vicolo cieco, non abbiamo altra scelta se non quella d’indirizzare la nostra ricerca applicata e, dunque, i nostri sforzi tecnologici, a spremere in modo efficiente energia dal Sole. Tutto sommato, si tratta di una sorgente generosissima che durerà qualche miliardo di anni ancora. E, tra i vantaggi, c’è quello di essere una sorgente che non ha delimitazioni geografiche e, dunque, a disposizione di tutti.
 
(Biolcalenda Aprile 2011)
 

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