La terra e il ciclo Evolutivo
Tutti conosciamo le statue gigantesche dell’isola di Pasqua, nell’Oceano Pacifico, costruite in un sol blocco di granito, pesanti fino a 50 quintali, che resistono dalla preistoria nella posizione eretta in cui le hanno collocate i nostri antichi progenitori.
Ebbene il segreto della loro statica dipende dal calcolo esatto del baricentro, calcolo che ogni scultore deve poter conoscere, e che, in questo caso, non potrebbe essere determinato meglio con le strumentazioni di cui oggi disponiamo. Si aggiunga che, come anche per le piramidi egizie, il materiale di cui sono costruite, non si trova nel posto, in questo caso nell’isola, e quindi vi è stato trasportato da altre isole via mare. Si è trattato quindi di costruire dei colossi in un sol blocco, di trasportarli prima al mare e poi via mare con le evidenti difficoltà che una tale operazione doveva comportare. Come abbiano fatto resta tuttora un mistero, come resta un mistero la costruzione di altri grandiosi monumenti delle civiltà che ci hanno preceduto. L’unica cosa che si può dire è che gli artefici di quelle opere non erano certamente degli sprovveduti.
Bisogna quindi rivedere la convinzione che l’umanità si sia evoluta da una condizione primitiva e bisogna forse considerare un’altra ipotesi, che probabilmente quegli antichi popoli erano in rapporto con forze superiori che davano a loro delle facoltà a noi oggi sconosciute o solo immaginate. Probabilmente l’uomo viveva in uno stato di coscienza diverso, che, se da un lato non gli permetteva di elaborare un pensiero autonomo, dall’altro però gli permetteva di cogliere il pensiero universale, e le sue azioni avevano una forza e una saggezza di gran lunga superiore alle azioni derivanti dal pensiero dell’uomo attuale.
Era il tempo successivo all’ultima glaciazione, circa 10.000 anni fa, in cui dalla culla dei popoli dell’Asia settentrionale interna, i primitivi Ariani portavano i primi impulsi di civiltà nella terra che oggi è l’India. Per quegli uomini il mondo sovrasensibile era una reltà come per noi, ora, è realtà il mondo sensibile. Le saghe descritte negli antichi testi non erano frutto di fantasie ma erano esperienza diretta di un mondo reale a noi oggi sconosciuto. La percezione di questo mondo andò via via affievolendosci con il progredire dell’interesse per la Terra e per la natura che circonda l’uomo. Gradualmente si compiva la discesa nella materia. Così, ad esempio, nell’epoca persiana incominciò il lavoro legato alla terra con i primi tentativi di agricoltura ispirati dal grande Zarathustra. Ma quanto più cresceva l’interesse per la terra, tanto più diminuiva il collegamento con il cielo, per cui, in epoche successive, furono sempre meno gli eletti che potevano ancora comunicare con le potenze divine. Già nell’antico Egitto solo i re-sacerdoti erano ancora in grado di percepire la sapienza divina e di realizzarla in Terra. Questa tendenza continuò nella civiltà greca dove lo sguardo si offuscò sempre di più anche per gli “iniziati” nelle scuole dei misteri. Oggi abbiamo perso ogni contatto con il mondo soprasensibile. L’unica cosa che ancora ci è rimasta è un ricordo sfuocato che trova forma nei diversi documenti religiosi, in miti, saghe, fiabe e sogni.