Prima di tutto il denaro

Ormai da molti anni io mi occupo di ambiente e delle sue patologie. E qui bisogna essere chiari: l’ambiente è il pianeta Terra, contenente e contenuto insieme, e nel contenuto ci stiamo anche noi, noi intesi come rappresentanti dell’Homo sapiens, un animale, a ben guardare i numeri, non comune ma tanto, tanto ingombrante.

La mia attività è abbastanza strana. Se è vero che le scoperte di mia moglie, la dottoressa Antonietta Gatti, e mie hanno seguito l’iter di tutte le scoperte imbarazzanti, essendo prima negate, poi derise e poi combattute, finendo per vincere, è altrettanto vero che la vittoria finale è tutt’altro che riconosciuta pubblicamente, dove l’avverbio “pubblicamente” significa “aperto a quello che un tempo si chiamava popolo.”

La scoperta, tutto sommato, può apparire banale: una volta penetrate nel corpo, le polveri fini ed ultrafini che si trovano in atmosfera, negli alimenti e nei medicinali vengono in parte trattenute per innescare tutta una serie di malattie che oggi, con un nome inventato da noi, sono universalmente note come nanopatologie, vale a dire affezioni da nanoparticelle. Per essere specifici, stiamo parlando di ictus, d’infarto cardiaco, di tromboembolia polmonare, di tante forme di cancro, di malattie del sistema endocrino, di aborti, di malformazioni fetali… Per banale che possa sembrare, il fenomeno era sconosciuto prima di noi, ed ora sta spiegando non pochi meccanismi patologici.

Dove sta l’imbarazzo è presto detto: le polveri di cui noi ci occupiamo non sono di origine naturale ma vengono da attività umane d’impiego recente: motori a scoppio, inceneritori (di qualunque tipo), centrali termoelettriche, fonderie, cementifici (che spesso bruciano rifiuti), fino agli armamenti più moderni usati sia in guerra sia nei poligoni militari. Se ci si fa caso, tutte quelle fonti di polvere prevedono il raggiungimento di temperature molto alte, temperature non raggiungibili in modo facile ed economico fino a non molto tempo fa, quando non raggiungibili affatto. E, ancora, se ci si fa caso, il tutto implica attività che comportano il movimento di somme ingentissime di denaro. Ecco spiegato il perché dell’imbarazzo: dove esistono interessi economici di tanta rilevanza, tutto il resto è destinato a soccombere, si tratti di verità scientifiche o persino di salute non è importante.

E, allora, che si fa? Ecco la schizofrenia della situazione. Da una parte è impossibile confutare scientificamente le nostre scoperte, ormai convalidate da decine di migliaia di dati e da progetti di ricerca internazionali, Comunità Europea compresa e, dunque, obtorto collo bisogna farsene una ragione. Dall’altra bisogna, però, salvaguardare business miliardari e questi business non possono prescindere dall’ignoranza di chi, in fondo, ne sostiene il peso economico: i clienti e i contribuenti.

Così una serie di enti sia nostrani sia internazionali di prima grandezza (l’ultimo in ordine di tempo è il Dipartimento di Stato statunitense) c’invita a relazionare sulle scoperte e pretende di sapere che cosa stia emergendo da queste; però il tutto deve restare assolutamente confinato in un ambito molto discreto. Dunque, non solo non deve essere reso pubblico niente dai giornali e, soprattutto, dalle televisioni che sono oggi il sigillo garante della verità per un pubblico soverchiante privato artificiosamente della cultura minima necessaria per avere autonomia e rigore di giudizio, ma devono essere fatte passare informazioni fuorvianti che siano funzionali all’integrità del business. E, per essere più sicuri dell’effetto, per evitare imbarazzi ulteriori, ci si è tolto lo strumento principe con il quale si conducono le ricerche sull’argomento: un microscopio elettronico del valore di circa 400.000 Euro che da lunghissimo tempo, esattamente dal 22 gennaio 2010, è stato trasferito all’Università di Urbino dove giace inutilizzato e senz’altro inutilizzabile per il nostro tipo di studio (http://www.stefanomontanari.net/sito/blog/2042-la-squallida-vicenda-del-microscopio-narrata-su-megachip.html).

Nel frattempo l’ambiente continua ad essere oggetto di attentati, moltissimi dei quali completamente ignorati non solo per quanto riguarda la loro effettiva portata ma, addirittura, per ciò che è la loro stessa esistenza.

Tanto per fare un esempio pescando nella miriade possibile, tra questi c’è la costruzione di un’autostrada chiamata Cispadana che unirà la A22, la Modena – Brennero, alla A13, la Bologna – Padova, una strada che potrebbe avere un senso se fosse senza pedaggio e, dunque, senza caselli e con un buon numero di svincoli ne consentisse l’uso locale e, soprattutto, se non fosse ideata su di un tracciato medievale che attraversa i centri abitati con tutto quanto questo comporta. A me è capitato di leggere il progetto e posso assicurare che c’è veramente di che far accapponare la pelle, stanti gli errori incredibili che contiene laddove si tratta d’impatto ambientale. Saranno sì errori grossolani, ma nessuno pare farci caso e, a dispetto di quelli, si comincerà a costruire come sempre si fa in questi casi, con tanti saluti all’integrità dell’ambiente, uomini inclusi.

E un altro esempio potrebbe essere quello di Salto di Quirra, una zona stupenda della Sardegna sud-orientale dove da oltre cinquant’anni esiste il più grande poligono di tiro militare d’Europa, un poligono che viene affittato a 50.000 Euro/ora a chi produce armi e le deve sperimentare. Da anni noi denunciamo, per averle studiate al microscopio elettronico, le patologie umane ed animali che si verificano in zona, cadendo nel più assoluto disinteresse. Questo fino a che un magistrato non s’è finalmente accorto che c’è qualcosa di strano in tutto quel bestiame malformato e in tutti quei casi di leucemia in una popolazione che vive in un luogo che, a chi è ignaro di ciò che vi accade, appare una succursale del paradiso terrestre. Magari una sveglia un po’ più precoce avrebbe potuto salvare qualche vita umana.

Ma di esempi, qui da noi e altrove, ce ne sono tanti da poter riempire migliaia di pagine, pagine che restano, invece, desolatamente bianche quando non usurpate da informazioni criminali come quelle che un tempo riferivano dell’innocuità dell’amianto, dei cloro-fluoro-carboni, della 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina (la diossina di Seveso), del piombo tetraetile…

Se è vero che noi siamo dotati di capacità di autodeterminarci, questa è la scelta che abbiamo fatto: una scelta di cui le generazioni future ci chiederanno conto.

(Biolcalenda Maggio 2011) 


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