Nella storia delle scienze agrarie vi è sempre stata la ricerca di un miglioramento della resa produttiva in modo da soddisfare al meglio il fabbisogno alimentare.
È possibile riassumere quelli che sono stati gli interventi principali, o le pratiche, che nei secoli hanno permesso questo incremento delle produzioni.
Si tratta di pratiche il cui sviluppo ha consentito di aumentare le rese in maniera importante e che, nel tempo, hanno vissuto una notevole evoluzione: in primis vi sono le lavorazioni del suolo agrario, poi abbiamo rotazioni e avvicendamenti colturali e, come terzo punto, la fertilizzazione.
L’ottimizzazione di questi tre punti cardine, nei secoli, ha reso maggiormente fruttuoso il lavoro dell’agricoltore (con la moderna agricoltura chimico-industriale, come già ribadito più volte, vi sarà un’involuzione a favore del profitto e degli interessi delle corporazioni internazionali).
Ma l’uomo per poter coltivare ha dovuto operare delle modifiche sull’ambiente naturale come disboscamento e dissodamento del terreno. Si è trattato di interventi necessari finalizzati alla pratica dell’agricoltura. Così facendo, però, si vanno ad interrompere o alterare cicli biologici essenziali e si va a minare la stabilità dell’ecosistema. In natura la presenza di alberi permette il reintegro e l’approvvigionamento di sostanza organica e nutrienti nel suolo, favorendone sviluppo ed evoluzione. Grazie alle foglie e a tutti quei residui organici prodotti dalle piante, e da svariati organismi ad esse associati, si rende possibile la vita del suolo. Anche l’apparato radicale svolge una funzione centrale nella sua salvaguardia. Inoltre la presenza di vegetazione ricopre e protegge la superficie del terreno proteggendolo dall’irraggiamento solare e da altri agenti atmosferici (ombreggiamento). La stessa vegetazione è in grado di sostenere la vita di numerosi organismi e microrganismi. Oltre a questi dati non è da dimenticare la funzione di assorbimento di uno dei principali gas serra (CO2) operata dai vegetali, proprio per la formazione di composti organici e di ossigeno. Per questi ed altri motivi oggi si parla di servizio ecologico che i vegetali operano a favore degli equilibri naturali.
Un altro elemento di disturbo per la vita del terreno è rappresentato dalle lavorazioni meccaniche (dissodamento).
Vengono definite lavorazioni del terreno gli interventi meccanici per rendere il suolo più adatto ad accogliere le colture, e rappresentano lo strumento principale (più immediato) con cui l’uomo può incidere sulle caratteristiche fisico-chimiche e biologiche del terreno. Questa pratica ha come obiettivi principali il miglioramento dell’ossigenazione ed il miglioramento del drenaggio poiché la mancanza di aerazione, il costipamento ed il ristagno idrico sono tutti fattori che incidono negativamente sullo sviluppo delle piante. Inoltre attraverso l’arieggiamento del terreno vengono favoriti i batteri aerobici.
Grazie al dissodamento del terreno si creano, nell’immediato, le condizioni ideali per lo sviluppo delle radici (miglioramento della struttura). Ma risultati duraturi nel tempo, per quanto riguarda la struttura del terreno, si ottengono solamente agendo sulla fertilità e sulla vitalità complessiva: un terreno risulterà tanto più sciolto e facilmente lavorabile quanto più esso sarà fertile e vitale (nei terreni sabbiosi la lavorabilità è implicita).
Un terreno ricco di vita sarà naturalmente predisposto ad accogliere le radici delle piante senza che queste incontrino difficoltà nello sviluppo. In mancanza di questa vitalità e di una adeguata struttura da parte del suolo si rende necessario il dissodamento.
Tramite la lavorazione del terreno vi è anche una maggiore mineralizzazione della sostanza organica che corrisponde ad una maggiore disponibilità di nutrienti per le piante. Quest’ultimo fattore può essere positivo ma, al tempo stesso, anche negativopoiché vi è degradazione della materia organica e quindi riduzione del contenuto di sostanza organica nel suolo (la degradazione della sostanza organica libera nutrienti).
Con la lavorazione del suolo vi è una maggiore superficie esposta ad agenti atmosferici come aria, luce, calore, gelo e pioggia che contribuiscono in maniera importante a questa degradazione e successiva mineralizzazione; la perdita di sostanza organica può diventare un serio problema soprattutto se nel terreno è presente in bassa quantità . Ed oggi, purtroppo, la maggior parte dei terreni contengono percentuali molto basse di sostanza organica.
Altro fattore determinante è il tipo di sostanza organicache può essere più o meno stabile e durevole nel tempo. Ciò che viene definito humus stabile (che ha acquisito una struttura di tipo umico-colloidale) può resistere molto meglio e più a lungo a vari tipi di stress meccanici o ambientali, con notevoli benefici (Amlinger et al., 2007). L’humus stabile è sostanza organica che ha subito una particolare trasformazione ad opera di batteri e altri organismi.
È bene aver chiaro che la sostanza organica nel suolo va tutelata per via delle funzioni fondamentali che questa esercita sulla fertilità complessiva del terreno. L’humus stabile dispone di proprietà molto particolari, con notevoli effetti positivi sul suolo e sulla sua struttura. In agricoltura biodinamica si opera primariamente per favorire la formazione di questo tipo di aggregato nel terreno.
Nel tempo per far fronte agli aspetti negativi dovuti alle lavorazioni del terreno, ma soprattutto al loro uso indiscriminato, sono state sviluppate tecniche conservative e meno impattanti nella gestione del suolo e delle lavorazioni. Sono stati elaborati attrezzi in grado di effettuare lavorazioni del suolo non invasive e tecniche mirate a preservarne la fertilità .
L’agricoltura industriale, purtroppo, ha generato un sistema dissipativo frutto di una impostazione unilaterale orientata esclusivamente verso il profitto. Attraverso pesanti e ripetute lavorazioni dei terreni effettuate con l’aratro moderno si sono create le condizioni per una regressione della fertilità organica che, insieme all’uso di vari prodotti chimici di sintesi, hanno determinato l’impoverimento dei suoli. Le conseguenze di questo sistema dissipativo sono note ed evidenti anche a livello ambientale.
Ma è certamente possibile assecondare e favorire i cicli naturali tramite pratiche più conservative. Pratiche che vadano a riprodurre ed esaltare le dinamiche naturali, e che prendano spunto proprio da queste in modo da tutelare e salvaguardare l’agroecosistema e la vita nel suo insieme.
Le modifiche operate sull’ambiente e sul paesaggio, per poter coltivare, devono essere in sintonia con i cicli biologici (cicli biogeochimici).
Dobbiamo avere chiaro, innanzi tutto, che i migliori attrezzi per lavorare il terreno sono rappresentati dalle radici delle piante (sovesci in primis), dai microrganismi terricoli e dai lombrichi. Più che i singoli lombrichi bisognerebbe citare la fauna terricola nel suo insieme, la cui presenza rappresenta un buon indicatore di fertilità . La presenza dell’humus gioca un ruolo fondamentale nella struttura e nella vita del suolo.
Sotto si riporta una tabella dei vari interventi agronomici in funzione dell’apporto di carbonio organico. Questa tabella rappresenta la resa in carbonio di alcune pratiche agronomiche espressa in termini numerici proporzionali (valori relativi).
Intervento agronomico CARBONIO
Compost 1.000-2.000
Sovescio 800-1.200
Non lavorazione 100-500
Rotazione 0-200
Letame 0-200
Sovescio + rotazione 900-1.400
Compost + sovescio + rotazione + non lavorazione 2.000-4.000