Additivi: una famiglia discutibile 2

 
Gli effetti della eccessiva presenza di solfiti danno luogo a effetti facilmente identificabili: stappando una bottiglia di vino, accade a volte di cogliere, nel momento stesso in cui il tappo viene estratto, un odore acre che giunge al naso creando un senso di lieve fastidio; in un tempo per fortuna lontano, accadeva perfino di percepire un vago odore di uova marce (odore tipico dell’anidride solforosa). Per porre rimedio a una simile eventualità si consiglia di scaraffare il vino, ossia di travasarlo, con molta delicatezza, in una brocca o caraffa, facendolo scorrere lungo le pareti interne.

Questo metodo ossigena il vino e contribuisce ad allontanare l’anidride solforosa, ma siete autorizzati a concludere che non si tratta certo di un vino di pregio. Si tratta di additivi che non vendono considerati particolarmente pericolosi solo per le ridotte dosi d’impiego, tuttavia è risaputo che i solfiti possono anche essere causa di fastidiosi mal di testa o addirittura fenomeni asmatici in persone particolarmente sensibili. La via con cui vengono eliminati con le urine passa attraverso il fegato e prevede che subiscano l’azione di un enzima, la solfito-ossidasi, che normalmente è in grado di far fronte alla presenza di solfiti nelle quantità ritenute innocue. Se però la dose supera la capacità di smaltimento, ecco comparire il mal di testa, frequente compagnia dopo aver bevuto vini scadenti.
Gli alimenti in cui questo gruppo di additivi può essere impiegato sono anche molti altri: prodotti ittici e surrogati di crostacei (per esempio il surimi), orzo perlato, preparati a base di fiocchi di patate, ortaggi sottolio, sottaceto o in salamoia, bevande analcoliche contenenti succo di frutta, funghi secchi, frutta essiccata o candita e senape. I prodotti a base di carne suina provenienti da molti paesi dell’U.E. possono contenerne fino 450 mg/kg. Dal punto di vista della nutrizione questo additivo demolisce la tiamina e la cianocobalamina, vitamine del gruppo B (rispettivamente note come B1 e B12), riducendo il valore nutritivo degli alimenti, vale quindi la pena di fare attenzione.
La Commissione sugli additivi FAO/OMS ha stabilito che la quantità giornaliera di solfiti che può ritenersi accettabile è pari a 0,7 g per kg di peso corporeo, il che potrebbe sembrare una notizia rassicurante, ma è davvero così? Il fatto è che, vista la loro diffusione negli alimenti, non è difficile andare oltre la soglia di sicurezza, in particolare uno studio condotto nel nostro Paese ha messo in evidenza che il superamento della dose giornaliera accettabile di solfiti avviene con una certa frequenza sia negli adulti che nei bambini, proprio “mettendo insieme” cioè assumendo nello stesso pasto o nello stesso giorno, alimenti che li contengono. Grande attenzione deve essere prestata dalle persone affette da asma, specialmente se in terapia a base di cortisonici, in quanto risultano particolarmente sensibili ai solfati e possono avere problemi, che si manifestano con difficoltà respiratorie molto gravi.
Anche le persone non asmatiche possono avere fastidiosi problemi, come riniti, eczemi, orticaria, dissenteria, disturbi respiratori e perfino shock anafilattico. Trattandosi di reazioni allergiche non sempre è facile riconoscere con sicurezza la causa di questi sintomi, specialmente perché si manifestano solo in seguito a ingestione e non a livello cutaneo, inoltre sembra che esista la tendenza a minimizzare i problemi causati da questi additivi. Per anni non è stato obbligatorio riportare la presenza di solfiti sull’etichetta dei vini o delle birre, e questo è grave soprattutto se si pensa che la legislazione pone in primo piano la necessità di informare i consumatori e tutelarli, perché è giusto che sappiano cosa mangiano o bevono.
Secondo la Legislazione Europea, se negli alimenti la quantità di solfiti è inferiore a 10 mg/kg solo da poco c’è l’obbligo di dichiararli in etichetta. Eppure per le persone allergiche o sensibili basta molto meno per passare un sacco di guai. Avrete certamente notato che, improvvisamente quasi tutti i vini riportano sull’etichetta posteriore la frase “contiene solfiti”. L’importante è essere chiari, e non credere ciecamente a quei produttori di vino che affermano “Non se ne può fare a meno”. Ma va la! Esistono vini senza solfiti, e non vanno a male, non diventano acidi. Certo, non sono facili da trovare, ma se anche voi, come me, avrete la giusta dose di determinazione, sono certa che li troverete. E allora vi accorgerete che molto spesso le uve usate per questi vini sono state coltivate con il sistema biodinamico. Brindate alla vostra salute!
 
(Biolcalenda Maggio 2011)
 

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