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Le alternative all’uso del rame in agricoltura

Il rame dal terreno può raggiungere e inquinare le falde acquifere, determinando gravissimi rischi ambientali ed ecotossicologici su un ampio spettro di organismi e microrganismi. I metalli pesanti non sono soggetti a ulteriori degradazioni nell’ambiente, e anche il rame rientra in questa categoria.

Questo metallo è utilizzato soprattutto in viticoltura (ma non solo) per il controllo della peronospora, ed il suo uso a dosi elevate nel tempo ne determina un progressivo accumulo all’interno del suolo con particolare riferimento ad aree a vocazione vitivinicola.Un agricoltore che voglia coltivare nel rispetto dell’ambiente dovrà applicare strategie e metodi di controllo per ridurre l’uso dei sali di rame, anche tramite il ricorso a sostanze alternative.

Il rame viene impiegato in agricoltura come antifungino, ed il suo uso è autorizzato anche in agricoltura biologica. In agricoltura biodinamica il suo impiego non è consentito sulle colture orticole, ma è ammesso in frutticoltura e viticoltura in caso di necessità; rientra infatti nei prodotti ammessi solo per colture speciali e permanenti, e per piante ornamentali. Il dosaggio non dovrà comunque essere superiore ai 3 kg di rame metallo per ettaro all’anno (ogni formulato commerciale contiene una percentuale variabile di rame metallo, in base al tipo di prodotto).

I 3 kg/ha/anno vanno calcolati nella media di un arco di tempo di 5 anni usando preferibilmente al massimo 500 gr. per ogni trattamento. Nell’arco di un quinquennio non dovranno essere superati i 15 kg/ha/anno, nel caso vi sia un’annata sfavorevole (disciplinare Demeter). Si tratta di un basso dosaggio.

I prodotti rameici devono essere utilizzati in via preventiva, in relazione ai momenti critici determinati da temperature, umidità relativa e piovosità. Mentre per ottimizzare efficacia e quantitativi sarà opportuno utilizzare attrezzature idonee ed efficienti: occorre nebulizzare il getto in maniera adeguata per poter garantire una buona copertura della foglia (sopra e sotto) e della vegetazione. Durante i trattamenti sarà fondamentale evitare il punto di gocciolamento dovuto ad un accumulo eccessivo di liquido sulla foglia; questo accumulo potrà determinare la caduta a terra del liquido con conseguente spreco del prodotto, favorendo anche e soprattutto il bioaccumulo del metallo nel terreno. A tal proposito è consigliabile l’uso di appositi ugelli antideriva per effettuare i vari trattamenti. Mentre una stesura omogenea sulla foglia fornisce risultati migliori garantendo una copertura ottimale, completa ed uniforme. Questo vale comunque per ogni tipologia di trattamento fogliare.

Un uso eccessivo e sconsiderato di questo metallo può portare ad una serie di problematiche non indifferenti, depositandosi nei primi strati di terreno con ripercussioni negative per la vita microbica e lo sviluppo di batteri, funghi e lombrichi, determinando anche una selezione dei lieviti. Il rame è di fatto un metallo pesante ed il suo accumulo nel suolo può avere conseguenze negative, come evidenziato anche da Stefania Tegli, ricercatrice del Dipartimento di scienze delle produzioni agroalimentari e dell’ambiente dell’Università di Firenze: «il rame che viene utilizzato come antiparassitario tende in pratica ad accumularsi nell’ambiente, in particolare nel suolo. E, dal terreno, può raggiungere e inquinare le falde acquifere, determinando gravissimi rischi ambientali ed ecotossicologici su un ampio spettro di organismi e microrganismi». Oltre a questo inconveniente, spiega Tegli, vi è un ulteriore rischio: “Il rame determina un aumento allarmante, nella microflora degli agroecosistemi, della percentuale di batteri resistenti agli antibiotici, che finiscono col costituire una sorta di serbatoio di geni per l’antibiotico-resistenza. Questi geni sono presenti su elementi mobili del loro genoma, i plasmidi, che possono essere trasmessi con facilità anche ai batteri patogeni di uomo e animali, rendendoli così a loro volta resistenti agli antibiotici e vanificandone di fatto l’azione profilattica e terapeutica in medicina umana e veterinaria”.

Uno dei settori maggiormente interessati è senza dubbio la viticoltura, per quanto riguarda il controllo della peronospora, nella quale il rame viene utilizzato da circa 130 anni.

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Altro problema riguarda la mancanza di vitalità e di attività biologica di molti terreni, privi di humus e sostanza organica, i quali non sono più in grado metabolizzare e degradare eventuali molecole nocive (ovviamente sempre entro certi limiti). Questa azione di filtro e bonifica da parte del suolo è data anche dalla presenza della flora. Un terreno sano e vitale copre un ruolo ecologico molto importante, arrivando a svolgere la funzione di vero e proprio “organo“.

Il rame è comunque un metallo pesante ed è difficile da degradare; per questo sono in corso attività di ricerca per poter individuare strategie e sostanze alternative al suo uso. Non è cosa semplice sostituire il rame poiché rimane (tra i vari rimedi ammessi in agricoltura biologica e biodinamica) quello più efficace. Non è cosa semplice, ma non impossibile. È comunque possibile limitarne i quantitativi.

Elevate concentrazioni di rame all’interno del terreno potrebbero altresì generare fenomeni di tossicità su alcune colture, soprattutto in suoli leggeri e acidi. Questo fenomeno è quasi nullo, invece, in presenza di colloidi umici (humus) grazie al sequestro del metallo, ed anche in terreni argillosi e calcarei. In questi terreni il rame rimane bloccato grazie alla presenza di sostanza organica umificata che immobilizza il metallo.

RIMEDI

La riduzione dei quantitativi di rame si ottiene indiscutibilmente attraverso l’applicazione di una buona agronomia complessiva di base. Ciò è valido per tutte le colture interessate (e non). In agricoltura biodinamica vanno applicati rimedi che siano a favore degli equilibri, evitando quei rimedi pensati invece contro un problema (insetti-cida, fungi-cida, anti-parassitario ecc.), creati per eliminare, debellare, distruggere.

La resistenza delle piante alle malattie è condizionata principalmente da fattori ambientali e agronomici. Sicuramente quello che è l’andamento climatico e stagionale può condizionare fortemente la pressione di una malattia fungina (temperature, umidità, piovosità). Anche la collocazione di un terreno ha una notevole rilevanza in questo senso (esposizione, ventosità, aerazione, luminosità).

  1. Il primo elemento da considerare è senza dubbio il terreno. La qualità del suolo, la sua fertilità, la sua vitalità, la sua struttura (così come la biodiversità ipogea) sono fattori centrali per il sano sviluppo di una pianta. La capacità drenante di un terreno rappresenta un fattore determinante poiché i ristagni favoriscono le varie malattie fungine. Lo stesso inerbimento sotto questo aspetto, per quanto riguarda le colture arboree, rappresenta un vantaggio. Un efficace copertura erbacea previene il ristagno idrico (l’altezza della vegetazione dovrà rimanere bassa). Andrà dunque favorito il drenaggio.

A tal proposito sono da evitare passaggi ripetuti e frequenti con macchine pesanti, soprattutto su terreno umido e bagnato. Ciò determina compattamento e asfissia con conseguenze negative per la fertilità e la vitalità del suolo. Sono da privilegiare macchine leggere utilizzate in maniera appropriata.

  1. Una fertilizzazione corretta ed equilibrata favorisce la qualità della linfa delle piante, stimolando le naturali autodifese ed una buona formazione dei tessuti. Le migliori opzioni sono (da impiegare in base alle possibilità o necessità): compost biodinamico ben trasformato, sovesci plurispecie, humus di lombrico. Senza mai dimenticare i preparati biodinamici, ed in particolar modo il 501a base di Silicio. Il Silicio stimola la formazione dell’acido ialuronico incrementando le naturali autodifese. Tramite il Silicio è auspicabile un indurimento dei tessuti vegetali con aumento della resistenza agli attacchi parassitari. Viceversa l’uso di concimazioni azotate spinte determina una eccessiva vigoria delle piante con conseguente indebolimento delle pareti cellulari, arrivando a limitare le naturali capacità di difesa. Un eccesso di vigoria può essere determinato anche da abbondante disponibilità idrica. Proprio le malattie fungine sono favorite da tessuti poco sviluppati o non lignificati correttamente (più appetibili ai patogeni). Dunque la resistenza delle pareti cellulari è determinante, e questa resistenza potrà essere garantita da un ottimale equilibrio vegeto-produttivo. Inoltre una eccessiva disponibilità di sostanze azotate (non elaborate) riduce nei vegetali la produzione di polifenoli.

  2. Tramite l’applicazione di potature sensate è possibile migliorare lo stato fitosanitario della pianta. Decisivo sarà il microclima all’interno della chioma che dovrà permettere la circolazione dell’aria ed un ottimale ingresso della luce. Ombreggiamento e umidità, invece, potranno favorire la formazione di patologie. Anche il sesto d’impianto dovrà garantire una adeguata circolazione dell’aria e permettere l’ingresso della luce solare. Le potature verdi possono offrire ottimi vantaggi, così come un corretto diradamento.

  3. Sarà necessario utilizzare Varietà e Cultivar idonee al clima e all’ambiente di coltivazione.

Per quanto riguarda le sostanze alternative al rame (che possono permettere di ridurne i dosaggi) è possibile utilizzare vari rimedi. Nel prossimo numero verranno elencati.


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