Crisi climatica e agricoltura

L’ultima annata ha generato una serie di problematiche che hanno messo a dura prova la produzione dei campi in molte aree del Paese. Dopo un inverno caldo e siccitoso, che ha registrato un record di temperature massime per il mese di marzo in Emilia Romagna, si è poi manifestata una primavera che nel mese di maggio ha fatto registrare altri record per quanto riguarda invece temperature minime e abbondanza di precipitazioni (sia piovose che nevose).
Successivamente, nell’ultima parte di giugno, si sono viste temperature e condizioni che hanno messo in seria difficoltà le funzioni vitali delle piante (in particolar modo nel Nord Italia).
Senza considerare poi grandinate, bombe d’acqua e trombe d’aria purtroppo sempre più frequenti. Come se non bastasse l’agricoltura deve fare i conti anche con la fauna selvatica (cinghiali, cervi, caprioli etc.) sviluppatasi in diverse Regioni come conseguenza del totale abbandono di vaste aree di territorio che si sono rimboschite (s’intende la totale assenza di ogni forma di governo del territorio). E ci fermiamo qui.

Quest’anno anche l’apicoltura ha subito un generale calo produttivo come conseguenza degli scompensi climatici.

Dunque fare agricoltura sta diventando sempre più complesso e per questo motivo servirebbero rimedi e azioni che, invece di rincorrere le emergenze, possano rappresentare valide soluzioni in grado di affrontare l’attuale crisi climatica e ambientale.
Ovviamente non esistono soluzioni miracolose o bacchette magiche, ma siamo fermamente convinti che una applicazione integrale dell’agricoltura biodinamica e dei suoi principi (soprattutto su scala di paesaggio) possa rappresentare una valida via ed un tassello importante per poter arginare questa crisi. Perché l’uomo possa tornare a muoversi in sintonia con la Natura.
Ma il pensiero economico dominante non lascia spazio ad una visione di lungo corso (manca una visione sistemica d’insieme) e vive sfruttando energia e materia proveniente da sistemi naturali dotati di capacità rigenerative limitate. Inoltre, sempre grazie al pensiero economico dominante, l’uomo ha generato e genera rifiuti in quantità e scarti di ogni genere che la Natura non è in grado di ricevere e metabolizzare.
Forse proprio nel concetto di organismo agricolo biodinamico vi è una valida alternativa ai modelli insostenibili che caratterizzano il mondo moderno.

Purtroppo ad oggi vi sono ancora opinioni critiche nei confronti dell’agricoltura biodinamica perché ritenuta antiscientifica (critiche erronee e tendenziose).
Ma il vero paradosso è che, scientificamente, stiamo distruggendo la natura.
Un recente studio shock dell’Università di Exeter (Inghilterra) ha messo in evidenza che canali e torrenti dell’Unione Europea hanno acque talmente contaminate da poter essere usate come pesticidi. Dallo studio, pubblicato su The Science of the Total Environment, è emersa la presenza complessiva di 275 pesticidi e 101 farmaci veterinari. Con gli insetticidi neonicotinoidi più frequentemente presenti al di sopra dei limiti. Gli standard normativi europei che definiscono livelli di concentrazione accettabili sono stati superati per almeno un pesticida in 13 dei 29 campioni analizzati.

I più alti livelli di contaminazione sono stati rinvenuti nel canale belga Wulfdambeek con una settantina di agenti inquinanti tra pesticidi e farmaci veterinari (soprattutto antibiotici). Queste acque veramente potrebbero essere impiegate quasi come un pesticida…

Anche se la concentrazione di alcuni pesticidi nelle acque risulta essere al di sotto dei limiti massimi consentiti per legge (anche qui ci sarebbe molto da dire… ), quello che preoccupa maggiormente i ricercatori è la miscela che si viene a creare tra le diverse molecole poiché ancora non si conoscono gli effetti e le conseguenze sugli ecosistemi di queste combinazioni.

E dunque la domanda è: invece di criticare le forme di agricoltura rispettose dell’ambiente, cosa dobbiamo attendere ancora prima di cambiare seriamente rotta?

L’impatto generato dall’agricoltura chimico-industriale va a minare la funzionalità degli ecosistemi a cominciare proprio dall’acqua, uno dei beni pubblici fondamentali (di vitale importanza per ogni forma vivente).
Per non parlare della riduzione del carbonio organico all’interno dei suoli come conseguenza dell’impiego di fertilizzanti industriali di sintesi (ricordiamo che il suolo può arrivare a sequestrare anche grossi quantitativi di carbonio).
Nel 2015, anno internazionale dei suoli, un documento della FAO ribadiva quanto segue: “Un suolo sano rappresenta il principale deposito di carbonio del pianeta. Se gestito in maniera sostenibile, esso svolge una funzione essenziale nel processo di mitigazione del cambiamento climatico, poiché è in grado di immagazzinare il carbonio (attraverso un processo chiamato sequestro del carbonio), diminuendo così le emissioni di gas serra nell’atmosfera. Al contrario, una cattiva gestione del terreno e il ricorso a pratiche agricole non sostenibili fanno sì che il carbonio presente nel suolo venga rilasciato nell’atmosfera sotto forma di emissioni di anidride carbonica (CO2), le quali contribuiscono ad aggravare il cambiamento climatico”.

Altra nota dolente riguarda la configurazione del paesaggio agricolo da parte dell’agricoltura industriale, che vede una estrema semplificazione e banalizzazione degli agroecosistemi, con conseguente impoverimento degli ecosistemi e annesse funzioni.
È ormai giunto il momento di considerare il tipo di servizio ecologico svolto da alberi, siepi, alberature e non continuare a pensare solamente al profitto (che poi sono gli interessi delle multinazionali dell’agrochimica). Concetti già ribaditi da Rudolf Steiner nel lontano 1924, frutto di una visione sistemica e unitaria, quando ancora non si sapeva cosa fosse la crisi climatica.

Purtroppo è proprio l’agricoltura a pagare in maniera grave le conseguenze dei cambiamenti climatici, e questo è un motivo in più per dare vita ad un ampio processo di conversione anche nelle aree dove ancora è forte la presenza dell’agricoltura chimico-industriale, come la Pianura Padana (dove ancora è possibile percorrere chilometri e chilometri senza incontrare l’ombra di un albero).
È ora di muoversi.


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