cipresso 1

Le piante del bosco: Cipresso

Cupressus sempervirens L. – Cupressaceae
Fioritura: febbraio-maggio – Parti raccolte: foglie, rametti giovani, galbuli – Tempo balsamico: primavera 
 Il cipresso della Bibbia e della civiltà mediterranea è una conifera sempreverde dal portamento affusolato, probabilmente originaria dall’altipiano dell’Iran e attualmente coltivata in tutta l’area del Mediterraneo.

 Sviluppa numerosi rami sottili, appressati al fusto fin dal basso e rivestiti da piccole foglie persistenti, squamose e parzialmente sovrapposte l’una all’altra. A maturità forma un cono globoso, usato dagli Egizi per le sue proprietà astringenti, emostatiche e antinfiammatorie. Dalle foglie e dalla corteccia si estrae per distillazione un olio essenziale giallognolo impiegato in profumeria ed efficace per sedare mediante inalazioni una tosse convulsiva.

Nell’immaginario collettivo evoca dolci paesaggi, climi sereni, momenti di scuola. Può sembrare banale, ma non si può non ricordare “All’ombra dei cipressi o dentro l’urne…”, oppure “Bei cipresseti, cipresseti miei, fedeli amici di un tempo migliore…” e riandare al mondo della scuola, agli amici, alla famiglia e ad una infanzia dai ritmi lenti con i bimbi che avevano molto tempo da riempire con la forza della fantasia, ai vicini di casa che si conoscevano e con cui ci si aiutava.

Alcuni cipressi sono stati compagni di misconosciute edicole religiose, altri hanno fatto da verde scenario accanto ai cimiteri e perciò in qualche modo tutti sono stati toccati dal sacro e con la loro verticalità assicurano il collegamento tra cielo e terra, tra sacro e profano, tra l’eterno e il quotidiano, divenendo simbolo stesso della vita, del suo destino, delle sue speranze; altri sono allineati in una sorta di lunga litania, dimenticata dagli uomini e testimoniano in luoghi ove non accade mai nulla, frammenti di vita che nessuno mai racconterà.

L’attenzione dell’ uomo per questa pianta viene da molto lontano, (si trovano tracce in un testo assiro di ben 35 secoli fa). Lo aveva percepito anche il popolo ebraico che nel primo libro della Bibbia, racconta che Dio stesso prima del diluvio comandò a Noè di fare “un’arca di legno di cipresso” e di spalmarla di bitume, dentro e fuori.

Da un punto di vista botanico è una conifera che raggiunge anche una ventina di metri di altezza e sviluppa fiori maschili molto piccoli e fiori femminili che, a maturità, si trasformano in forme globose e legnose chiamate galbuli, da cui usciranno semi con margine alato. Nonostante la tradizione culturale di molti popoli ne abbia consacrato la verde chioma al culto dei morti, il cipresso viene indicato come rimedio per lenire dolori. In un testo medioevale si legge: “Contro le emorroidi, quando queste corrono troppo sia fatta una fermentazione di frutti e di foglie di cipresso cotte in acqua piovana, ed in quella stessa acqua si immerga il paziente e gli si da poi dell’acqua del decotto da bere: tutto ciò è molto utile“. Le parti utilizzate dalla farmacopea popolare erano i ramoscelli freschi, da raccogliere in primavera e i galbuli ancora verdi e carnosi, per le proprietà astringenti, antidiarroiche, antisettiche, antiemorroidali, antireumatiche, vasocostrittrici.

L’etnobotanica euganea ne consigliava l’uso della resina: veniva intenerita nell’acqua e legata all’arto interessato da un dolore reumatico (Valle San Giorgio, 1972). I galbuli, contusi e miscelati a corteccia di sambuco, venivano cotti in olio di oliva; si filtrava; si aggiungeva cera d’api e il preparato si applicava sulle bruciature della pelle e sotto la pianta dei piedi stanchi dopo una lunga camminata (Boccon, 1968); un decotto dei galbuli veniva usato come impacchi in caso di distorsioni e di dolori articolari (Arquà Petrarca, 1968).

Con queste consuetudini, tramandate di voce in voce, il cipresso è diventato, un po’ alla volta, veicolo di comunicazione sociale: una forma di linguaggio popolare mai codificato, e che, nel tempo, si è andato caricando di significati simbolici fino a coinvolgere la religiosità, la ritualità, l’alimentazione, la salute, e alla fine anche espressione di una funzione sociale e terapeutica.

BRICIOLE D’ARCHIVIO

cipresso 2 Sinonimi
Cupressus. Tourn.; Cyparissus.

Loco
La propria patria è l’isola di Candia, percioche quivi in ciascun luogo, che si muova la terra, senza seminarne il seme, vi produce la natura i cipressi. Nascono parimenti ne i monti Idei, che rimirano à Troia, copiosissimi: hanno i cipressi in odio i fiumi, l’acqua imperò piantativi appresso si seccano“. (Durante)

Nasce ne’ i boschi montani, coltivasi ne’ i giardini“. (Lemerj)

Giovamenti / Nocumenti

Di dentro. Bevesi la polvere delle sue frondi contra i flussi, che scendono alla vescica, con vin passo, un poco di mirra, vale similmente alla difficoltà dell’urina: bevonsi ancora utilmente le sue noci peste con vino per gli sputi del sangue, à flussi del sangue, alla dissenteria, alla struttura del fiato, all’asma, alla tosse; il medesimo fa la lor decottion: la quale fatta in vin vecchio, bevuto a lungo tempo ogni mattina quattro once, guarisce le rotture intestinali, ma bisogna tener continuamente sopra la rottura, le foglie trite verdi, ben ligate.
Di fuori. Le frondi peste con fichi secchi, mellificano le durezze, guariscono i polipi del naso, cotte in aceto, trite con farina di lupini fan cadere l’ugne scabrose: Ammalpate su una tegola calda con vino et applicate risolvono l’ammaccature, et i lividi (…) peste cotte in aceto fan neri i capelli applicate (…) mettonsi sole, et con polenta ancora in su il fuoco sacro, et in su l’ulcere, che vanno servendo (…) incorporate con cera, messe su lo stomacho,lo fortificano (…) la decottione delle noci in aceto mitiga il dolore de i denti…” (Durante)

Le noci di cipresso furono chiamate Nuces Cipressi. Galbulae, Pilulae Cipressi, Galbuli. Sono astringenti, proprie per la dissenteria, per l’ernie, per fermar la gonorrea, guariscono le febbri intermittenti, facendone inghiottire mezza dramma in polvere, ò in un boccone di quattro in quattro ore nell’intermissione degli accessi. Il legno e le foglie sono molto astringenti; il fumo che n’esce quando s’abbruciano caccia i moscherini; dicono che se si mettono alcuni rami nello vestimento, i vermi non si generano“. (Lemerj)

Ricetta storica

Vitia bovum et medicina. Sed interdum nulla prodest medicina, sequiturque interaminum vitium, quorum signum est cruenta et muccosa ventris proluvies. Remedio sunt cupressini quindecim coni totidemque gallae et utrorumque ponderis vetustissimus caseus, quibus in unum tunsis admiscentur austeri vini quattuor sextarii, qui pari mensura per quadriduum dispensati dantur, nec desint lentisci murtique et oleastri cacumina.” (Columella)
(Malattie e cure dei buoi. Ma qualche volta nessuna medicina giova, e ne consegue una violenta dissenteria, di cui è sintomo una defecazione liquida, sanguinolenta e mescolata a muco. Possono servire da rimedio quindici pigne di cipresso e altrettante galle, e cacio vecchissimo in quantità uguale al peso dei due ingredienti detti. Dopo averli pestati tutti insieme, si mescolano a quattro sestarii di vino aspro, e si somministra la pozione in quattro giorni a dosi uguali; non manchino cime di lentisco, di mirto e di oleandro).


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